Il Pessimismo della Ragione

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Progetto per un Movimento Artistico Aperto

Un movimento artistico che si ribelli ad una realtà marcia svelando le menzogne, l’ipocrisia, la banalità, contro l'oscenità e la spettacolarizzazione vuota e patinata dei media, un'arte dove l'estetica si coniughi di nuovo al pensiero etico: non è concepibile oggi nessuna forma d'arte autonoma, scollegata dal contesto socio-politico. 
 
Un'arte che non si identifichi più con l'autore; egli è semplicemente l'intermediario di qualcosa chiamato arte che oggi nessuno sa bene che cosa sia, un'arte che obblighi l'osservatore a porsi di fronte all'opera con lo stesso tormentato impegno che l'artista ha profuso nel realizzarla, un'arte che eviti qualsiasi percorso nostalgico o proiezioni in avanti: operare ora, nel fra-tempo, in una sua continua ridefinizione.

Un'arte che "non dipinge l'assassinio di Cesare, ma che cerchi di essere Bruto" (Banchat). Un movimento aperto a tutte le forme e tecniche espressive esistenti, l'unico comun denominatore dev'essere la volontà di incarnare Bruto, una comune appartenenza proprio nella forma della differenza, un'arte aperta al confronto internazionale in tutte le sue forme espressive contro l'ideologia istituzionalizzata, contro i luoghi comuni dell'opinione corrente, un'arte antirazziale e pacifista, un movimento che lavora tra le cose, i fatti, i segni che ci circondano, e non oltre di essi in un aldilà inesistente.

Dobbiamo operare per liberare la vita, la nostra vita, la vita degli oppressi laddove è imprigionata e da qui tracciare nuove linee di fuga, inventare nuove possibilità di vita liberata cercando di rendere visibili forze alienate da questa società: guardiamo nelle crepe dell'asfalto e nelle giunture della carta da parati, cerchiamo ovunque, entriamo nel fra-tempo, nelle pause tra una nota e l'altra, cerchiamo di rendere visibili le forme nell'istante prima del loro sottrarsi.

L'arte non deve essere inganno ma vera apparenza, la materia, i simboli e le forme rappresentate non devono rimandare al significato, ma renderlo presente: il simbolo non può scindersi tra aspetto visibile e significato invisibile, deve esserci propriamente quello a cui si rimanda , l'intravisto, l'impercepibile, le opere devono avere un loro tempo altro non calcolabile, indugiante, sospeso, devono generare l'invito alla sosta, alla riflessione in un procedere dal singolare all'universale. In una società dove l'imperativo è guadagnare tempo per migliorare le nostre prestazioni e utilizzarle in funzione del denaro, la più salutare e profonda delle qualità è "perdere il tempo".
L'opera non può dare risposte, deve per sua natura porre solo domande, da quì il bisogno di trattenersi sul limite, indugiare di fronte ad essa. L'arte non deve riprodurre ciò che vediamo, ma ciò che potrebbe essere, creare dei nuovi visibili, cercare l'invisibile nel visibile, percepire l'impercepito evitando quindi lo scontato, il banale, il pubblicitario, collocarsi sulla linea d'ombra. Del resto cosa sia la bellezza non so,(Durer) e sinceramente non ritengo sia così importante. Non dobbiamo essere noi a cercare o inseguire le correnti, sono loro a dover seguire le nostre istanze, il nostro operare all'interno e dall'interno del contesto in cui viviamo e da qui minarlo.

Un'arte compassionevole, con sofferta partecipazione ai nostri mali ma soprattutto ai mali e dolori altrui. Un movimento contro l'egoismo: questo distrugge gli altri intorno a noi ma la nostra felicità dipende da loro, abbiamo bisogno di essere amati e di amare a nostra volta, un'arte contro le ingiustizie e le sofferenze umane, un'arte solidale. Un'arte che parte dalla nostra vita quotidiana, dalle nostre esistenze, alle quali poco spazio viene concesso al sogno e alla libertà, un'arte disobbediente alle oligarchie finanziarie e plutocratiche in nome di una vita vissuta per davvero; operiamo contro l'ideologia costituita, contro la menzogna del pensiero separato dalla vita per un'arte dove il pensiero etico non può prescindere da quello estetico, un movimento magmatico in continua trasformazione dove l'appartenersi reciproco è proprio nelle forme della differenza.

Nessuna identità egotica ma figure legate osmoticamente contro una società che non è interessata al futuro di voi giovani: riappropriatevi del vecchio slogan "vogliamo tutto e subito". Un movimento sperimentale in completo esodo da se stesso, da un'identità che non esiste in quanto si mostra proprio nell'istante del suo divenire altro, in un perenne esitare. Le nostre opere non devono appartenere a nessun codice, a nessun tempo, devono semplicemente operare uno sfondamento in questo tempo, ora. Niente di post-moderno ma assolutamente nuovo nella sua essenza etica-estetica. Tutto ciò che è stato detto non fa altro che moltiplicare le vie a tutto ciò che è necessario dire, l'esperienza artistica non può mai essere ridotta alle piccole felicità del piacere estetico. Arte come pratica di conoscenza e denuncia.

Fare politica nell'arte contro l'anti-politica nel'arte, obbligare a guardare e a riflettere agli errori-orrori nostri e del mondo, trasmettere il "pessimismo della ragione". Un'arte senza rimpianti, davanti alla catastrofe dobbiamo prendere le decisioni giuste in una sorta di pessimismo armonico. Neghiamo all'individualità qualsiasi valore in rapporto all'opera d'arte. Contro l'imperialismo culturale, contro l'ideologia estetica globalizzata picchiamo con le nostre opere. Un movimento che riunisca tutte quelle forme espressive che pur muovendosi autonomamente abbiano il fine comune di interrompere, disturbare, scardinare l'ordine costituito dell'imperante estetica consumistica. Un'arte che vada oltre le differenze di lingua, di razza, di religione, contro la puerile teoria dell'arte per l'arte: dobbiamo appartenere al nostro tempo.

Quelli che decidono le nostre opere devono essere i contenuti, lo stile e l'espressione ,questi devono prendere sostanza dalle cose che vogliamo esprimere; esprimere le cose nella loro verità, questo è lo stile, quello che noi facciamo è legato al tempo in cui si vive, sta a noi l'illustrazione più completa delle cose esistenti, altrimenti prima di esprimersi debolmente è meglio tacere.

Sveliamo le bugie e le ipocrisie di questa società, la sua meschinità e ripugnanza, generiamo in loro sgomento con la nostra attiva presenza. Noi non viviamo più, siamo vissuti, non possiamo limitarci a guardare, dobbiamo vedere, vivere la nostra arte fuori da tutte le convenzioni tradizionali; intercettiamo le contraddizioni e sveliamole. Un'arte collettiva, osmotica, potrà generare opere progettate e realizzate a più mani per togliere ulteriormente all'opera il suo legame con il soggetto, contro il narcisismo artistico, contro ogni forma di individualismo concettuale, un'arte del presente che aiuti e condizioni i nuovi approcci alla "vita". Il nostro dovrà essere il faticoso tentativo di costruire un linguaggio etico-estetico volto all'universalità, attraverso la realizzazione di opere necessarie.

Cerchiamo di cogliere l'istante, l'intravisto, in mezzo al bailamme di immagini e informazioni che quotidianamente ci travolgono, dandoci un'immagine del reale falsata e funzionale al sistema. Non più la rappresentazione della loro realtà, ma di una nuova, la nostra, quella invisibile. L'arte e la vita non devono essere separate, le nostre opere devono partire dall'analisi e dalla critica dell'attuale contesto socio-politico, un'arte aperta a qualsiasi forma di linguaggio. Facciamo conoscere il nostro lavoro al di fuori delle strutture mercantili e degli ambiti tradizionali, al fine di creare interazioni dirette e immediate anche utilizzando gli attuali mezzi tecnologici, gli stessi mezzi che ci stanno travolgendo. Un'arte aperta, un movimento contro, un'arte antagonista, un movimento di "pessimismo della ragione".
 
Sandro Bettin

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